mercoledì 30 maggio 2012
STELLA FERMANA - Doctor Wine
Stella Fermana
di Francesco Annibali 30-05-2012
di Francesco Annibali 30-05-2012
Pensi al bianco marchigiano e dici Verdicchio (e non a torto, intendiamoci). Pensi al Piceno e dici Offida e areale limitrofo (e, anche qui, con ottime ragioni). Però c’è un però. Anzi: ci sono parecchie, notevoli, eccezioni.
Monte Urano, provincia di Fermo, nel cuore delle Marche. A sud di Jesi e Matelica, a nord di Offida. Un Piceno tranquillo e silenzioso, anche se enologicamente poco noto. Terra di calzature sopraffine (la crisi picchia duro, la globalizzazione pure, ma chi ha resistito ora è nell’Olimpo), di trattorie domenicali fondate sulla dittatura della tagliatella e di colline anti nevrosi.
Turismo slow e rarefatto, riservato ai palati buoni, soprattutto capitolini, ai tedeschi curiosi di conoscere l’altro lato dell’Italia, ovvero quello che sta a est dell’Appennino, e agli inglesi, che con Ryanair da Ancona e Pescara arrivano qui in un battibaleno.
Il vino fino a 20-30 anni fa non aveva un ruolo preponderante, era anzi relegato a piccole produzioni familiari senza accorgimenti né ambizioni, come in tante altre parti d’Italia. Oggi le cose sono cambiate, ed anche qui, nel medio fermano, tra l’Adriatico e i monti Sibillini, ci sono aziende di livello come Rio Maggio e Madonna Bruna, e piccole superstar come Dezi. E non solo.
La fattoria di Maria Pia Castelli la incontri facilmente, scendendo dal centro storico di Monte Urano verso la vallata del fiume Tenna, a metà collina. Affacciata a sud. Enrico Bartoletti e la moglie, che ha regalato il nome alla azienda, da subito – siamo nel 1999 – hanno avuto le idee chiare in testa. Riassumendole: approccio ecologico, qualità, autoctono. Oggi producono due rossi: un ottimo Sangiovese, l’Orano (che, come tutti i Sangiovese marchigiani, perde in sfumature rispetto al meglio della Toscana, ma scoppia di salute), un grande Montepulciano, l’Erasmo Castelli (occhio che non costa due lire, ma le vale), uno dei migliori rosati del centro Italia, il Sant’Isidoro (a proposito: chi non crede che con il salasso si possano ottenere risultati di vertice si affretti ad assaggiarlo), e poi un bianco: lo Stella Flora.
Vinificazione in rosso (ma le macerazioni con gli anni si sono fatte un po’ più brevi), legno anche in vinificazione, prevalenza Pecorino.
Sì, il Pecorino.
Il vitigno di cui si parla tanto ultimamente tra Marche e Abruzzo. Vinificato in purezza dalle parti di Offida (un nome su tutti: il Fiobbo di Aurora), con risultati anche ottimi, ma forse sopravvalutati da certa critica (lo sappiamo: sulla questione siamo in minoranza), dibattuto tra vinificazione in riduzione e tradizionale (argomento più spinoso di un roseto, sul quale non abbiamo idee chiarissime, anche se ci sembra che, trattandosi di un’uva aromaticamente neutra e da vini da invecchiamento, non si giovi particolarmente dell’assenza di ossigeno durante la vinificazione), allo Stella Flora dona fondamenta e anima. Il restante 50% del vino nasce da Passerina e Trebbiano (acidità), e un po’ di Malvasia di Candia (profumi).
Strano vino, lo Stella Flora. Vinificato in rosso senza essere rustico, di stile ossidativo (fermentazioni calde, solforosa in dosi da chirurgia ottica), ma soprattutto splendidamente disarmonico. Lo annusi, con quei profumi a strati, e pensi: chissà che botta di estratti al palato. E invece no: la freschezza non manca mai, a dare bevibilità a una struttura di peso un po’ più di medio, ma particolarmente tonica. E versatilità a tavola: alle carni bianche e ai formaggi di media intensità fa da accompagnamento, mentre i pesci affumicati lo “aprono” come un libro, trovando in questo bianco sulle bucce un rarissimo compagno che riesca, senza zucchero residuo, a fare da attore senza scomparire. Non che sia il solo vino secco che col pesce affumicato sta bene. Anche lo Champagne Vieilles Vignes Francaises di Bollinger lavora bene, però…
Battute a parte, abbiate cura di servirlo a 14-16 gradi, non di meno, altrimenti si accentua eccessivamente il carattere “asciutto” del vino, proprio come con i rossi. E aspettate, un po’ come con il Sauternes, la virata di colore (dopo il quinto anno, più o meno), da oro antico a ambrato vivo: frutto e acidità non si perdono, e vengono affiancate da un magnifico carattere “rancio”.
Monte Urano, provincia di Fermo, nel cuore delle Marche. A sud di Jesi e Matelica, a nord di Offida. Un Piceno tranquillo e silenzioso, anche se enologicamente poco noto. Terra di calzature sopraffine (la crisi picchia duro, la globalizzazione pure, ma chi ha resistito ora è nell’Olimpo), di trattorie domenicali fondate sulla dittatura della tagliatella e di colline anti nevrosi.
Turismo slow e rarefatto, riservato ai palati buoni, soprattutto capitolini, ai tedeschi curiosi di conoscere l’altro lato dell’Italia, ovvero quello che sta a est dell’Appennino, e agli inglesi, che con Ryanair da Ancona e Pescara arrivano qui in un battibaleno.
Il vino fino a 20-30 anni fa non aveva un ruolo preponderante, era anzi relegato a piccole produzioni familiari senza accorgimenti né ambizioni, come in tante altre parti d’Italia. Oggi le cose sono cambiate, ed anche qui, nel medio fermano, tra l’Adriatico e i monti Sibillini, ci sono aziende di livello come Rio Maggio e Madonna Bruna, e piccole superstar come Dezi. E non solo.
La fattoria di Maria Pia Castelli la incontri facilmente, scendendo dal centro storico di Monte Urano verso la vallata del fiume Tenna, a metà collina. Affacciata a sud. Enrico Bartoletti e la moglie, che ha regalato il nome alla azienda, da subito – siamo nel 1999 – hanno avuto le idee chiare in testa. Riassumendole: approccio ecologico, qualità, autoctono. Oggi producono due rossi: un ottimo Sangiovese, l’Orano (che, come tutti i Sangiovese marchigiani, perde in sfumature rispetto al meglio della Toscana, ma scoppia di salute), un grande Montepulciano, l’Erasmo Castelli (occhio che non costa due lire, ma le vale), uno dei migliori rosati del centro Italia, il Sant’Isidoro (a proposito: chi non crede che con il salasso si possano ottenere risultati di vertice si affretti ad assaggiarlo), e poi un bianco: lo Stella Flora.
Vinificazione in rosso (ma le macerazioni con gli anni si sono fatte un po’ più brevi), legno anche in vinificazione, prevalenza Pecorino.
Sì, il Pecorino.
Il vitigno di cui si parla tanto ultimamente tra Marche e Abruzzo. Vinificato in purezza dalle parti di Offida (un nome su tutti: il Fiobbo di Aurora), con risultati anche ottimi, ma forse sopravvalutati da certa critica (lo sappiamo: sulla questione siamo in minoranza), dibattuto tra vinificazione in riduzione e tradizionale (argomento più spinoso di un roseto, sul quale non abbiamo idee chiarissime, anche se ci sembra che, trattandosi di un’uva aromaticamente neutra e da vini da invecchiamento, non si giovi particolarmente dell’assenza di ossigeno durante la vinificazione), allo Stella Flora dona fondamenta e anima. Il restante 50% del vino nasce da Passerina e Trebbiano (acidità), e un po’ di Malvasia di Candia (profumi).
Strano vino, lo Stella Flora. Vinificato in rosso senza essere rustico, di stile ossidativo (fermentazioni calde, solforosa in dosi da chirurgia ottica), ma soprattutto splendidamente disarmonico. Lo annusi, con quei profumi a strati, e pensi: chissà che botta di estratti al palato. E invece no: la freschezza non manca mai, a dare bevibilità a una struttura di peso un po’ più di medio, ma particolarmente tonica. E versatilità a tavola: alle carni bianche e ai formaggi di media intensità fa da accompagnamento, mentre i pesci affumicati lo “aprono” come un libro, trovando in questo bianco sulle bucce un rarissimo compagno che riesca, senza zucchero residuo, a fare da attore senza scomparire. Non che sia il solo vino secco che col pesce affumicato sta bene. Anche lo Champagne Vieilles Vignes Francaises di Bollinger lavora bene, però…
Battute a parte, abbiate cura di servirlo a 14-16 gradi, non di meno, altrimenti si accentua eccessivamente il carattere “asciutto” del vino, proprio come con i rossi. E aspettate, un po’ come con il Sauternes, la virata di colore (dopo il quinto anno, più o meno), da oro antico a ambrato vivo: frutto e acidità non si perdono, e vengono affiancate da un magnifico carattere “rancio”.
Prima di mettere il naso dentro al bicchiere abbiamo chiesto qualche chiarimento a Enrico Bartoletti, titolare dell’azienda insieme alla moglie Maria Pia Castelli.
D.: Come sei arrivato al vino?
R.: Io sono assicuratore da 33 anni (e nel frattempo mi sono anche invecchiato…), ma questa passione nasce ai tempi dell'università. Bevevo vino, ma non ne conoscevo le caratteristiche peculiari fino al momento in cui, con mia moglie a bordo del nostro camper, siamo andati in Borgogna. Lì è scattata la scintilla. Era il 1992 ed abbiamo fatto incetta di bottiglie francesi, che abbiamo consumato insieme ai nostri amici. Nel 1993 comincia l'avventura di ristrutturazione dell’azienda. Nel 1998 decidiamo di fare le cose sul serio.
R.: Io sono assicuratore da 33 anni (e nel frattempo mi sono anche invecchiato…), ma questa passione nasce ai tempi dell'università. Bevevo vino, ma non ne conoscevo le caratteristiche peculiari fino al momento in cui, con mia moglie a bordo del nostro camper, siamo andati in Borgogna. Lì è scattata la scintilla. Era il 1992 ed abbiamo fatto incetta di bottiglie francesi, che abbiamo consumato insieme ai nostri amici. Nel 1993 comincia l'avventura di ristrutturazione dell’azienda. Nel 1998 decidiamo di fare le cose sul serio.
D.: Dove e come nascono le uve dello Stella Flora?
R.: Nel 1999 piantammo la seconda parte di vigna, optando per i vitigni classici della zona: Pecorino, Passerina, Trebbiano e Malvasia di Candia. Il terreno dedicato allo Stella Flora si trova attorno alla nostra casa, con una esposizione ovest – sud ovest, ed è talmente ricco di sostanze minerali e microelementi che abbiamo deciso di non concimare mai. L'epoca della vendemmia cade sempre nella prima parte di settembre, e tutta l'uva viene raccolta insieme in cassettine di circa 25 kg., per poi essere immediatamente diraspata e pigiata.
R.: Nel 1999 piantammo la seconda parte di vigna, optando per i vitigni classici della zona: Pecorino, Passerina, Trebbiano e Malvasia di Candia. Il terreno dedicato allo Stella Flora si trova attorno alla nostra casa, con una esposizione ovest – sud ovest, ed è talmente ricco di sostanze minerali e microelementi che abbiamo deciso di non concimare mai. L'epoca della vendemmia cade sempre nella prima parte di settembre, e tutta l'uva viene raccolta insieme in cassettine di circa 25 kg., per poi essere immediatamente diraspata e pigiata.
3 Come traduci questo territorio e queste uve in cantina?
La vinificazione avviene a contatto con le bucce in piccole botti di legno, e dura normalmente da 15 a 20 giorni, per poi terminare in botti di legno con le fecce fini, dove affina per circa 18 mesi.
La vinificazione avviene a contatto con le bucce in piccole botti di legno, e dura normalmente da 15 a 20 giorni, per poi terminare in botti di legno con le fecce fini, dove affina per circa 18 mesi.
D.: Come e quanto usi la solforosa?
R.: L'uso della solforosa nella nostra cantina è moderatissimo, anche nel bianco. Su tutti i nostri vini facciamo piccolissime aggiunte prima della fermentazione e prima dell'imbottigliamento.
R.: L'uso della solforosa nella nostra cantina è moderatissimo, anche nel bianco. Su tutti i nostri vini facciamo piccolissime aggiunte prima della fermentazione e prima dell'imbottigliamento.
D.: Usi gomma arabica, lieviti selezionati, coadiuvanti di fermentazione, ecc…?
Fare vini in modo naturale vuol dire che siano loro a svolgere un percorso, dalla fermentazione, che avviene senza uso di lieviti selezionati, alla fase finale. Senza uso di altri additivi.
Fare vini in modo naturale vuol dire che siano loro a svolgere un percorso, dalla fermentazione, che avviene senza uso di lieviti selezionati, alla fase finale. Senza uso di altri additivi.
D.: Lo Stella Flora è un vino di stile ossidativo dal grande carattere, ma contemporaneamente impeccabile sul piano formale: non ha sbavature esecutive come volatili alte, sentori fecciosi, eccetera. Il vostro riferimento è il Collio? Altra cosa. Non credi che la vinificazione in rosso nei bianchi possa essere da ostacolo all'espressione del territorio?
R.: Il nostro riferimento è la tradizione del nostro territorio. Abbiamo letto molti libri vecchi, in qualche caso anche antichi, ed abbiamo ascoltato mio suocero Erasmo Castelli e gli altri contadini del luogo. La vinificazione in rosso dei bianchi la praticavano i contadini del posto, e questa è sicuramente la massima espressione di un territorio: riprendere le tradizioni, farne tesoro e modificare alcuni semplici passaggi che i nostri avi non conoscevano perché nessuno glielo aveva mai detto.
R.: Il nostro riferimento è la tradizione del nostro territorio. Abbiamo letto molti libri vecchi, in qualche caso anche antichi, ed abbiamo ascoltato mio suocero Erasmo Castelli e gli altri contadini del luogo. La vinificazione in rosso dei bianchi la praticavano i contadini del posto, e questa è sicuramente la massima espressione di un territorio: riprendere le tradizioni, farne tesoro e modificare alcuni semplici passaggi che i nostri avi non conoscevano perché nessuno glielo aveva mai detto.
D.: Cosa pensi dei vini bio, biodinamici e del grande fermento attorno ad un approccio agricolo più "naturale"?
R.: Spero che il numero di produttori di questo tipo aumenti, perché più ne siamo e meglio riusciremo a trasmettere al mondo l’idea che anche in Italia facciamo le cose sul serio.
R.: Spero che il numero di produttori di questo tipo aumenti, perché più ne siamo e meglio riusciremo a trasmettere al mondo l’idea che anche in Italia facciamo le cose sul serio.
D.: Infine passiamo al commercio. Dove è possibile trovare i vostri vini in Italia e all'estero?
R.: All'estero siamo presenti in Belgio, Olanda, Germania, Svezia, Danimarca e Cina. Fare l'elenco dei locali dove è possibile trovare i nostri vini in Italia è praticamente impossibile, anche se l'Italia del nord e soprattutto Milano ci apprezza molto. Ma una cosa posso dirla con franchezza: ci piace fare i vini come piacciono a noi e ci piace che il consumatore finale, operatore del settore o privato che sia, apprezzi quello che facciamo.
R.: All'estero siamo presenti in Belgio, Olanda, Germania, Svezia, Danimarca e Cina. Fare l'elenco dei locali dove è possibile trovare i nostri vini in Italia è praticamente impossibile, anche se l'Italia del nord e soprattutto Milano ci apprezza molto. Ma una cosa posso dirla con franchezza: ci piace fare i vini come piacciono a noi e ci piace che il consumatore finale, operatore del settore o privato che sia, apprezzi quello che facciamo.
Marche Bianco Igt Maria Pia Castelli
Giallo dorato antico, pieno ma non particolarmente lucido. Naso aperto e ancora appena un po’ legnoso, ma molto complesso e pulito: crema pasticcera, arancia amara, pesca matura, menta piperita, anice stellato. Peccato per una nota alcolico/ossidativa un po’ staccata (cognac). Bocca “tridimensionale”, tipica dei bianchi in rosso, ma più snella e meno tannica delle attese, bella freschezza, speziata, centro largo ma teso, finale ossidativo (noci, cognac), davvero lungo. Con l’ossigenazione la nota alcolica al naso tende a staccarsi ulteriormente e esce una coda un po’ amarognola, quasi da Verdicchio.
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domenica 20 maggio 2012
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